Vi siete mai accorti che quando grattiamo un Gratta&Vinci esce spesso il numero prima o il numero dopo quello che abiamo noi?
La maggior parte di noi instaura meccanismi di percezione erronea che portano alla convinzione di essere più vicini alla vincita di quanto in realtà non siamo. Se grattiamo un biglietto e troviamo un numero molto vicino a quello vincente, infatti, siamo più portati a continuare a giocare.
Questo meccanismo psicologico, noto come “near miss” (“quasi vincita”), è particolarmente sfruttato nei giochi d’azzardo. Nello specifico, lo stratagemma utilizzato è quello di inserire delle quasi-vincite, cioè, il fallimento nel centrare la vincita si verifica, ma con uno scarto molto ridotto, la qual cosa induce il giocatore a perseverare nel gioco. La percezione illusoria di aver “sfiorato una vincita”, infatti, invoglia il consumatore a sfidare nuovamente la sorte.
Di fronte a una quasi-vincita, il giocatore spesso è portato a ritenere che, grazie ai suoi sforzi, la vittoria sia a portata di mano. Ma una relazione tra l’ottenimento di una quasi-vincita e l’abilità personale è del tutto fuori discussione, poiché siamo di fronte ad una mera casualità.
All’interno della comunità scientifica, fin dagli anni ’50 del secolo scorso, le quasi-vincite sono consideratete fattori di induzione al gioco particolarmente efficaci, al punto che nello stato del Nevada (per intenderci, lo stato di Las Vegas) il legislatore ha proibito ai produttori di slot-machines di farne uso (Harrigan, 2008).
Alla luce di ciò sarebbe buona norma domandarsi: quanto siamo “permeabili” a stimoli esterni e pubblicità, che spesso sono appositamente pensate e realizzate per far sì che si instaurino in noi determinati meccanismi, talvolta tossici?